Trauma spinale

Introduzione

Il trauma spinale costituisce una delle più importanti cause di disabilità nel nostro paese anche in assenza di un vero e proprio disturbo neurologico. Le cause più frequenti di trauma spinale sono le cadute accidentali e gli incidenti stradali. In considerazione dell’infinita variabilità in termini di dinamica e gravità del trauma, anche il quadro clinico, il trattamento e la prognosi di questa condizione possono essere ampiamente differenti di caso in caso. La gestione del paziente vittima di trauma spinale richiede un approccio multidisciplinare e spesso rientra nel quadro più complesso della gestione del paziente politraumatizzato.

La colonna vertebrale è suddivisa nei tratti cervicale, dorsale, lombare e sacrale. Ciascuno è caratterizzato da una mobilità influenzata dalle caratteristiche anatomiche delle articolazioni che connettono le vertebre, le unità anatomiche costituenti la colonna. Quest’ultima assolve pertanto ad una funzione motoria e di sostegno, ma anche di protezione del midollo spinale e delle sue radici che decorrono all’interno del cosiddetto canale vertebrale.

Il midollo spinale e le sue radici veicolano informazioni che dal cervello raggiungono tutti i distretti corporei, ad esempio gli stimoli motori, e viceversa, ad esempio gli stimoli sensitivi. L’insieme di queste informazioni non solo ci consente di percepire ed interagire con l’ambiente esterno, ma regola un’infinità di funzioni corporee involontarie fondamentali. Tra queste rientrano l’attività dei muscoli respiratori, la motilità dei visceri addominali (ad esempio la motilità intestinale), la funzione sfinterica (urinare o andare di corpo) e anche la funzione sessuale.


Segni e sintomi

Il quadro clinico varia a seconda delle caratteristiche del trauma e dal grado di coinvolgimento del midollo e dei nervi spinali. Un paziente che non presenta disturbi neurologici a seguito di un trauma spinale si definisce amielico, mentre per paziente mielico ci si riferisce alla presenza di disturbi neurologici più o meno importanti.

I caratteri di una sindrome clinica (insieme di segni e sintomi) da lesione midollare dipendono dal livello della lesione. Ad esempio se il trauma provoca un’interruzione completa del midollo spinale si configura un quadro clinico di sindrome midollare completa con disturbo di forza e sensibilità completi dal livello della lesione a tutti i territori inferiori. In altre parole una sindrome midollare del tratto cervicale alto configura un quadro coinvolgente tutti e quattro gli arti, in questo caso si parla di tetraparesi (disturbo di forza incompleto dei quattro arti) o tetraplegia (disturbo di forza completo dei quattro arti). Al contrario un trauma spinale toracico con compressione midollare configura quadro di paraparesi o paraplegia (disturbo di forza incompleto o completo rispettivamente degli arti inferiori). In entrambi i casi coesistono disturbi del tono sfinterico e delle funzioni sessuali.  Quando invece il trauma provoca una compressione della parte anteriore del midollo (sindrome delle corde anteriori) i segni legati ai disturbi di forza saranno prevalenti al contrario una lesione midollare posteriore (sindrome delle corde posteriori) configurerà un quadro di prevalente disturbo sensitivo. 


Diagnosi

Giunto presso il Pronto Soccorso il paziente viene sottoposto ad esami diagnostici differenti in base alla gravità del trauma.

Ad esempio nel caso di una caduta accidentale dalla propria altezza, in assenza di deficit neurologici all’esame clinico, ma dolore localizzato alla colonna è indicata l’esecuzione di una radiografia in doppia proiezione della stessa i cui risultati, insieme al resto dei dati clinici del paziente (età, comorbidità che predispongono alle fratture ossee come l’osteoporosi tra molti altri) giustificano l’eventuale necessità di ulteriori approfondimenti.

Al contrario i pazienti vittime di politraumi (ad esempio incidenti stradali, cadute da altezze maggiori), giunti al Pronto Soccorso sono immediatamente sottoposti ad esame di Tomografia Computerizzata Total Body (TC Total Body) con mezzo di contrasto in regime di urgenza. In questi casi la valutazione clinica, condotta da mani esperte, consente in pochi secondi di inquadrare eventuali disturbi neurologici e correlarli alle immagini radiologiche. Inoltre le immagini TC possono essere elaborate producendo ricostruzioni tridimensionali dello scheletro fornendo ulteriori indizi circa la morfologia delle lesioni ossee e suggerendo la più probabile dinamica del trauma. L’insieme di queste informazioni sono cruciali per elaborare l’iter terapeutico più adeguato in ciascun paziente (Figura 1).

Gli approfondimenti di completamento comprendono la Risonanza Magnetica (RM) della colonna senza mezzo di contrasto e gli studi elettroneurofisiologici.

La RM della colonna fornisce informazioni di due ordini. In primo luogo consente lo studio dei tessuti molli della colonna vertebrale che includono sia elementi cartilagineo-legamentosi (ad esempio i dischi intervertebrali, i legamenti longitudinali della colonna, le faccette articolari) che nervosi (midollo e radici spinali) (Figura 1). In secondo luogo, mediante l’esecuzione dell’esame con impostazioni particolari, fornisce informazioni circa “l’età” della lesione alla colonna: in altre parole consente di differenziare fratture vertebrali recenti da quelle già avvenute da tempo e oramai consolidate.

Gli studi elettroneurofisiologici non hanno rilevanza durante la gestione immediata del trauma spinale, ma possono essere utili come strumento di monitoraggio intraoperatorio delle funzioni del midollo e delle radici in casi selezionati e soprattutto nel follow-up di questi pazienti.


Trattamento

Inizia sul luogo del trauma nel caso dei pazienti vittima di politrauma. Ogni errore di gestione dell’assistito in questa fase può costare caro, ogni scrupolo in più può rimediare anche a situazioni disperate. È imperativa la valutazione dei parametri vitali, quindi la pervietà delle vie aeree, la presenza del respiro e di polsi accessibili. L’immobilizzazione di tutti i segmenti della colonna è un’altra priorità nel paziente politraumatizzato, si effettua con presidi appositi e non deve essere rimossa fintanto non siano disponibili rilievi radiologici che escludano la presenza di fratture della colonna.

Una volta definito un quadro clinico e radiologico completo l’iter terapeutico volto alla presa in carico di una lesione spinale con o senza disturbo neurologico rimane subordinato alla stabilizzazione clinica generale dell’assistito, soprattutto in caso di lesioni a carico di grossi vasi, organi interni, emorragie intracraniche che possono costituire rischio di vita immediato o in caso di fratture esposte e/o ferite lacerocontuse.

Una volta stabilizzate le condizioni cliniche l’indicazione al trattamento neurochirurgico dipende dal tipo di lesione della colonna, in particolare è necessario definire il livello di instabilità della lesione. Ad esempio Una frattura vertebrale instabile necessita di un trattamento di stabilizzazione e/o decompressione della colonna mediante intervento neurochirurgico al fine di (i) rimuovere una compressione in atto a carico di elemento nervosi spinali o radicolari, (ii) prevenire deformazioni spinali post-traumatiche che potrebbero costituire rischio di compressione e/o lesione di elementi nervosi in un secondo momento, soprattutto qualora il paziente assuma la posizione eretta. Con il termine stabilizzazione si intende l’impiego di mezzi di sintesi (materiale protesico) con il duplice obiettivo di immobilizzare  il tratto di colonna instabile e/o ridurre fino ad eliminare stress biomeccanici (es. forza di gravità) sul  tratto di colonna interessato. Per decompressione invece si intende l’ atto chirurgico volto ad eliminare compressioni (ad esempio frammenti ossei, ematomi) a carico del midollo e/o le radici spinali (Figura 2).

 Una volta decisa la necessità di un intervento neurochirurgico in base a quanto sopradescritto è fondamentale la scelta del timing dell’intervento. E’ necessario un intervento in regime di urgenza o si tratta di un intervento differibile?

Gli interventi di stabilizzazione e decompressione di fratture vertebrali post-traumatiche vanno considerati urgenti qualora il paziente presenti deficit neurologici severi e/o progressivamente ingravescenti comparsi a poche ore dalla presa in carico del malato con una correlazione clinico-radiologica inequivocabile (i segni e i sintomi devono corrispondere ai dati forniti dalle immagini radiologiche).

Un intervento neurochirurgico può esser differito nel caso di fratture instabili i in pazienti amielici (assenza di disturbi neurologici), o nel caso in cui il trauma e la comparsa dei disturbi neurologici superi le 24-48h dalla presa in carico del malato. In questi ultimi casi, purtroppo, la prognosi dei disturbi neurologici è infausta poiché un intervento di decompressione su strutture nervose che hanno subito una compressione durata troppo a lungo non consente una ripresa clinica.

La gestione farmacologica del paziente colpito da trauma spinale con disturbo neurologico si base sulla somministrazione di alte dosi di farmaci cortisonici nelle prime 24h secondo protocolli particolari in associazione con un’adeguata terapia del dolore e sintomatica.

Qualora il trauma abbia prodotto una lesione stabile della colonna, senza disturbi neurologici, il trattamento può esser eseguito mediante ortesi esterna (ad esempio mediante impiego di busto ortopedico) dalle caratteristiche influenzate dal tratto della colonna in esame.


Prognosi 

I pazienti che presentano fratture stabili della colonna, una volta posizionato adeguato presidio ortesico, possono mobilizzarsi in ortostatismo e si sottopongono a controlli radiografici a distanza per verificare il corretto consolidarsi della frattura.

Nei pazienti con fratture instabili operati i tempi di ricovero dipendono dalle condizioni generali e dall’entità dei disturbi neurologici. La degenza strettamente legata all’intervento, contrariamente a quanto possa immaginarsi, è breve. Se possibile, il paziente può mobilizzarsi fin dalla prima giornata postoperatoria con adeguato presidio ortesico (es. collare o busto ortopedico) che deve esser mantenuto almeno per i primi 30 giorni dall’intervento.

In caso di disturbi neurologici invece è spesso necessario intraprendere un iter riabilitativo che può svolgersi sia in regime ambulatoriale che in regime di ricovero presso strutture riabilitative adeguate. La durata del percorso riabilitativo e il miglioramento dei disturbi neurologici sono estremamente variabili di paziente in paziente.